Critica

Francesca Magro
di Marina Pizziolo
Una figurazione che procede per approssimazioni di volumi, che si impilano uno sull'altro, senza innestarsi, come carte da gioco che in equilibrio precario salgono a disegnare un'idea di casa. O in questo caso di figura, come il titolo specifica, lanciando una suggestione fiabesca.
L'impianto solidamente plastico è accentuato dall'uso del colore steso a campiture uniformi, che ritrova la profondità dell'ombra solo per linee nette e in funzione della resa del volume.
Quella di Francesca Magro è una riduzione del reale a reticolo volumetrico del divenire: una geometrìzzazione - la cui ordinarietà è divelta però dalla costante attenzione alla figura - che non attinge alla memoria, ma a una personale poetica della forma.
Imbersago, maggio 1997