Critica

Francesca Magro, "La sposa guarita", 1991, particolare.

Francesca Magro

di Marina Pizziolo

Una figurazione che procede per approssimazioni di volumi, che si impilano uno sull'altro, senza innestarsi, come carte da gioco che in equilibrio precario salgono a disegnare un'idea di casa. O in questo caso di figura, come il titolo specifica, lanciando una suggestione fiabesca.
L'impianto solidamente plastico è accentuato dall'uso del colore steso a campiture uniformi, che ritrova la profondità dell'ombra solo per linee nette e in funzione della resa del volume.
Quella di Francesca Magro è una riduzione del reale a reticolo volumetrico del divenire: una geometrìzzazione - la cui ordinarietà è divelta però dalla costante attenzione alla figura - che non attinge alla memoria, ma a una personale poetica della forma.

Imbersago, maggio 1997